Corpus Domini: la voglia di pregare davanti ad un “pezzo di pane”

In vista della festa del Corpus Domini, abbiamo incontrato suor Doriana Giarratana, una delle suore che nella chiesa romana dedicata a Gesù Maestro, notte e giorno, si alterna con le sue consorelle nell'adorazione eucaristica perché, "la preghiera, oltre ad essere un momento personale di intimità e di vita relazionale con il Signore, è anche una missione"

foto SIR/Marco Calvarese

La festa del Corpus Domini è la giornata che la Chiesa ha deciso di rendere una giornata di precetto, per celebrare la presenza di Cristo nell’Eucarestia, rievocando la messa in Cena Domini del Giovedì santo, quando si fa memoria del giorno in cui Gesù ha istituito questo sacramento. Un momento solenne che vuole ricordare “la presenza di Cristo perenne nell’Eucarestia a disposizione di tutta la Chiesa,

foto SIR/Marco Calvarese

come parte integrante del cammino e della vita della stessa”, questo il pensiero di suor Doriana Giarratana, consacrata delle Pie discepole del Divin Maestro, ordine fondato nel 1924 dal beato Giacomo Alberione ad Alba, in provincia di Cuneo, la cui prima missione è quella di pregare per tutta la Chiesa ed in modo particolare per tutti i sacerdoti, adorando l’Eucarestia in modo perenne, ogni giorno dell’anno per tutto il giorno. A Roma, al numero civico 739 di via Portuense, la chiesa dedicata a Gesù Maestro è un luogo straordinario della capitale, non solo perché immersa nel verde e nella tranquillità in netto stacco dalla normalità fatta di asfalto e traffico, ma piuttosto perché la stessa struttura accoglie fuori i fedeli con un abbraccio che li invita ad entrare, concentrano poi la loro attenzione sull’Eucarestia esposta centralmente, disegnando la missione della stessa, cioè il luogo della cattedra di Gesù Maestro: via, verità e vita. “La preghiera, oltre ad essere un momento personale di intimità e di vita relazionale con il Signore, è anche una missione”, le parole di suor Doriana, che il Sir ha voluto incontrare alla vigilia della festa del Corpus Domini, “Noi siamo davanti all’Eucarestia per il mondo, per intercedere per tutta l’umanità ma, soprattutto, per coloro che hanno la responsabilità di pastori, di guide per la Chiesa”.

In questo periodo nel quale la società ci invita alla praticità delle cose, a guardare agli interessi delle nostre azioni, alcune persone si domandano a cosa possa servire pregare, arrivando anche ad insinuare che sia solo una perdita di tempo.
La preghiera, per la Chiesa e per ogni cristiano, non è una perdita di tempo, perché non è un qualcosa che si fa, ma è uno spazio di tempo e di luogo nel quale si sta con colui che si ama, con colui che ha dato la vita per me, per ciascuno di noi. È riscoprire questa presenza comprendere quanto tutto il nostro essere, il nostro vivere ed il nostro agire, trova senso in questo Dio che si è fatto uomo ed ha dato la vita per ciascuno di noi. Pregare è riscoprire in modo sempre nuovo la bellezza dell’esistere e della vita, che nonostante il peccato, il male e tutto ciò che di negativo può esistere, vale la pena di vivere. Perché è una vita che è stata donata e che ai piedi del Maestro si riceve continuamente e si impara a donarla a nostra volta. La preghiera non è solo un fatto funzionale, non solo un tu per tu con il Signore, ma serve per imparare a dare la vita come Lui, fare della nostra vita un dono per gli altri.

Cosa prova, cosa sente di fronte a quel “pezzo di pane”?
Per me quel pezzo di pane è Gesù vivo, vero. Attraverso la sua parola e le cose che accadono ogni giorno, le relazioni con le mie consorelle, l’incontro con le persone che mi affidano un peso, un fardello, è un modo per dire: Signore grazie perché ci sei, grazie per quello che continui a fare per questa umanità nonostante tutto. Guardare quel pezzo di pane è contemplare l’amore di Dio che è fedele. Ciascuno di noi può essere infedele ma Lui no, e questo stare alla sua presenza ce lo insegna continuamente.

Durante la pandemia di coronavirus Covid-19 qual è stato il suo desiderio, la sua preghiera?
Durante questa pandemia è stato un fermarsi, una chiusura ma anche un momento importante per ripensare tante cose. Con le mie consorelle abbiamo fatto un momento di condivisione, per capire cosa ci aveva procurato, cosa ci aveva causato e cosa ci aveva dato di positivo questa pandemia. Quello che a me personalmente ha insegnato è di non lasciarsi prendere dalla fretta, dall’ansia che ci viene quando si vuole fare tante cose e si cerca di fare entrare dentro tutto. Ho imparato che è importane anche mettere un punto, saper ricominciare, saper attendere per finire le cose, perché a volte le cose non finiscono a modo mio ma come il Signore vuole. E certamente sono migliori.

Come si prega e qual è la testimonianza che l’Eucarestia è veramente Cristo?
Io non ero molto esperta di preghiera, dello stare davanti al Signore, e mi pesava perché non ero abituata. Quello che pian piano mi ha fatto innamorare dell’Eucarestia, è stata proprio la frequentazione continua e prolungata ne tempo e nella quotidianità. Ho imparato che, come ogni relazione, anche la relazione con il Signore non si improvvisa ma è un lasciarsi addomesticare dalla sua presenza, dalla sua parola, per capire che è una presenza viva, operante. Proprio davanti all’Eucarestia un giorno, quando avevo 30 anni e vivevo un momento di grande difficoltà, stavo piangendo e dicevo: Signore ma chi me lo ha fatto fare? Improvvisamente ho avuto un senso di pace ed ho sentito una voce che mi diceva: ma tu lo hai fatto per me. Il mio stato d’animo è cambiato improvvisamente, come dopo un temporale esce un raggio di sole che illumina tutto. Lì ho capito che il Signore è veramente vivo e da allora la mia vita con il Signore è diventa di relazione profonda, perché il Signore è vivo e vero. La cosa bella, al confronto con tante altre relazioni, è che lui ti conosce più di quanto tu conosca te stesso e quanto tu possa conoscere gli altri.

L’invito per tutti, e soprattutto per i giovani, potrebbe essere quindi quello di fermarsi e contemplare?
Io invito chiunque voglia veramente imparare a conoscersi, a conoscere Gesù. Stare davanti a Gesù diventa una scuola di vita, soprattutto quando questa relazione con Lui viene alimentata dalla preghiera fatta con la Parola di Dio e anche con i sacramenti. Quando una vita è fatta di preghiera e la Parola di Dio è una presenza forte, dove i sacramenti come confessione e l’eucarestia sono frequenti, veramente

la vita con il Signore non è stare davanti ad un pezzo di pane ma è andare alla sorgente dove la tua vita ritrova un senso pieno da cui puoi ripartire per ridonare agli altri la stessa ricchezza che hai ricevuto.

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