Papa in Iraq: card. Sako (patriarca), la sua visita destinata a lasciare “un segno nella nostra Chiesa e nel nostro Paese”

Una visita destinata a lasciare “un segno nella nostra Chiesa e nel nostro Paese. Non è un viaggio turistico o di lusso. Il Papa porta un messaggio di conforto per tutti in un tempo di incertezza”: comincia così il messaggio del patriarca caldeo di Baghdad, card. Louis Raphael Sako, diffuso oggi dal sito del patriarcato caldeo e rivolto “ai cristiani e a tutti gli iracheni”. Messaggio che segue l’annuncio del viaggio in Iraq di Papa Francesco agli inizi di marzo 2021. Una visita “che incoraggerà gli iracheni a superare il passato doloroso, alla riconciliazione, a curare le ferite, per unirsi e aiutarsi in vista dello sviluppo, della pace, della stabilità, del consolidamento della convivenza, del rispetto della diversità e del pluralismo, essendo fratelli differenti di un’unica famiglia e cittadini della terra di Abramo, l’Iraq, la loro casa comune”. Per i cristiani, scrive Mar Sako, la visita è “un’occasione di pellegrinaggio alle nostre radici, di conversione e di attaccamento alla nostra identità cristiana e irachena; un’occasione per riflettere e per trovare un piano di azione affinché la Chiesa diventi più entusiasta nel tornare alla radicalità evangelica, più vicina alla gente”. Il patriarca ricorda le sfide della Chiesa caldea irachena e delle altre Chiese sorelle in Iraq e nel Medio Oriente: “Pressioni politiche, economiche e sociali a motivo dei conflitti, dell’estremismo, dell’emigrazione, delle conseguenze della pandemia del coronavirus – realtà tutte che hanno confuso la visuale e complicato le relazioni e il lavoro”. Da qui un appello a “essere responsabili, a capire l’importanza di rivedere la nostra riflessione spirituale, pastorale, ecumenica e pedagogica, lontani dai concetti errati e della ricerca del predominio e del prestigio”. Sfide che chiedono ai fedeli di “non rinunciare alla propria terra che non si può immaginare senza i suoi cristiani”. La presenza cristiana in Iraq e nell’Oriente, infatti, scrive Mar Sako, “non è un caso ma un piano divino; noi abbiamo una vocazione e una missione. Non possiamo rinunciarvi, nonostante le difficoltà”. Richiamandosi al magistero di Papa Francesco, il cardinale esorta a restare “ancorati nella autenticità orientale, attingendo alla fonte e non ai rivoli. La nostra Chiesa caldea, per essere più viva e presente, deve diventare Chiesa di Cristo, del Vangelo e dell’evangelizzazione, della catechesi cristiana, del servizio e della pastorale. Chiesa dello Spirito Santo e della piena comunione con la Chiesa Cattolica, impegnata nel rinnovamento del Concilio Vaticano II e Chiesa del dialogo ecumenico con le Chiese sorelle, della convivenza e del dialogo con le religioni, specialmente con l’islam”. Senza dimenticare di essere una “Chiesa che si prende cura degli affari pubblici, per appoggiare con fermezza le attese legittime del popolo per eliminare l’ingiustizia, realizzare la giustizia, l’eguaglianza, la libertà, e la dignità”. Il messaggio termina con un invito ai “cristiani in Iraq e nel Medio Oriente a unirsi per testimoniare il Vangelo, poiché noi siamo essenzialmente una sola famiglia con fratelli diversi, chiamati a realizzare la nostra vocazione in questo Oriente tanto provato. Da questo punto di partenza, invito a trarre profitto dall’occasione della visita del Papa per mobilitare l’opinione pubblica per sostenere i cristiani dell’Oriente, affinché vi restino come segno della presenza dell’amore di Cristo, della fratellanza universale e della convivenza”.

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