“Anziani e futuro dell’Europa”. Comece: “Trasformiamo la crisi del Covid-19 per un cambio di paradigma”

La pandemia sta avendo “un impatto devastante su ogni aspetto della nostra vita, mettendo a dura prova ogni settore della società”. Ma sono soprattutto gli anziani ad essere maggiormente colpiti dal virus. L'Organizzazione mondiale della sanità stima che fino al 50% di tutti i decessi per Covid-19 durante la primavera del 2020 si sono verificati tra i residenti in case di cura in Europa. La proposta dei vescovi Ue e delle Associazioni familiari cattoliche all’Unione europea: “Trasformiamo la crisi del Covid-19 in un'opportunità per un cambio di paradigma". Il Documento presentato oggi chiede ai governi nazionali di utilizzare le risorse del Piano di ripresa dell'Ue nelle relazioni intergenerazionali e nelle politiche demografiche e familiari

“Trasformiamo la crisi del Covid-19 in un’opportunità per un cambio di paradigma e per rinnovare il nostro modo di pensare sugli anziani”. È la proposta formulata dalla Commissione delle Conferenze episcopali dell’Unione europea (Comece) in un Documento di riflessione su “Gli anziani e il futuro dell’Europa: solidarietà intergenerazionale e cura in tempi di cambiamento demografico”, pubblicato oggi congiuntamente con la Federazione delle Associazioni Cattoliche della Famiglia. Il testo è stato stilato in riferimento al contesto dell’attuale pandemia di Covid-19, che “ha reso ancora più drammatico e agli occhi di tutti, la questione degli anziani nelle società europee”. La riflessione – spiegano quindi alla Comece – “è da considerare come un contributo alla pubblicazione Ue “Green paper on Aging” prevista per il 2021”. Il documento parte dalla constatazione che con l’aumentare dell’età media, aumenta anche il numero e la percentuale di persone nelle fasce d’età più anziane. Si stima che entro il 2070, il 30% delle persone in Europa avrà un’età pari o superiore a 65 anni, rispetto a circa il 20% di oggi. Dal 2019 al 2070, si prevede che la quota di persone di età pari o superiore a 80 anni sarà più del doppio, raggiungendo il 13%. L’Europa – affermano i due organismi europei – sta affrontando un cambiamento significativo, sistemico ed epocale”.

In questo contesto, nel 2020 è subentrata la pandemia Covid-19, che ha mostrato “al mondo molte vulnerabilità nascoste, anche nel nostro continente”. “Le sue gravi conseguenze saranno indirette e a lungo termine”. E se oggi l’economia e la società sono diventate “effettivamente molto più efficienti”, allo stesso tempo “si rivelano essere anche molto più fragili”. La pandemia sta avendo poi “un impatto devastante su ogni aspetto della nostra vita, mettendo a dura prova ogni settore della società”. Ma sono soprattutto gli anziani ad essere maggiormente colpiti dal virus. Secondo Eurostat, a ottobre 2020, coloro che hanno o superano i 70 anni hanno rappresentato il 96% dei 168mila decessi aggiuntivi registrati rispetto al tasso medio dei decessi preso in considerazione per lo stesso periodo tra il 2016 e il 2019. Ma ancora più sorprendentemente, la crisi del Covid-19 ha rivelato un’altra fragilità: quella di una società dove gli anziani sono alla periferia della vita quotidiana. L’Organizzazione mondiale della sanità stima infatti che fino al 50% di tutti i decessi per Covid-19 durante la primavera del 2020 si siano verificati tra i residenti in case di cura in Europa.

Il documento in realtà non vuole sottolineare gli “aspetti negativi” del cambiamento demografico in atto in Europa anche perché l’aumento della popolazione anziana è segno anche di un aumento dell’aspettativa di vita. Intende piuttosto focalizzare l’attenzione dell’Unione europea sul ruolo positivo e cruciale che gli anziani svolgono nelle loro comunità. La loro “saggezza” non è qualcosa di limitato al passato. Gli anziani vivono e sono attivi nel presente e rappresentano spesso una fonte di speranza per le generazioni più giovani, un sostegno alle famiglie, un supporto e un incoraggiamento per il futuro. Il punto pertanto – scrivono Comece e Fafce – non riguarda l’invecchiamento della popolazione europea (“è al contrario un segno del successo dei nostri sistemi sanitari e del nostro tenore di vita”). Riguarda lo squilibrio demografico che è in atto nel nostro continente e che deriva principalmente dal fatto che gli europei fanno sempre meno figli, il che minaccia la vitalità della nostra vita economica e sociale. È pertanto fondamentale – secondo i vescovi e le associazioni familiari – mettere in atto politiche demografiche in grado di affrontare il calo della natalità “eliminando ogni ostacolo (economico, sociale, culturale) che le famiglie incontrano nel desiderio di accogliere nuovi bambini”. Comece e Fafce avvertono: se non si agisce su questo fronte, “il calo oggi del numero di nascite andrà inevitabilmente a colpire l’attuale popolazione adulta e la generazione di anziani in arrivo”. In altre parole, “ci troveremo di fronte a un numero crescente di anziani soli e bisognosi di aiuto, senza figli, nipoti o famiglia”.

Il documento mette poi in evidenza anche un altro aspetto, il fatto cioè che la maggior parte delle persone anziane desidera restare nel proprio contesto familiare il più a lungo possibile. Purtroppo, però una percentuale considerevole di anziani non ha un contesto familiare che lo permette. Le famiglie che si prendono cura di un parente a carico spesso mancano di tempo e spazio disponibile nella loro famiglia. Vescovi e associazioni familiari chiedono pertanto alla Commissione europea di incoraggiare gli Stati membri ad attuare accordi di conciliazione vita-lavoro per chi si prende cura di un anziano; benefit per l’alloggio; sistemi esentasse. Nella parte finale il Documento raccomanda una serie di politiche. In particolare, chiede “ai governi nazionali di utilizzare le risorse del piano di ripresa dell’Ue proposto per investire nelle relazioni intergenerazionali e nelle politiche demografiche e familiari.

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