Non c’è bisogno di molte parole. O meglio non c’è bisogno di girarci molto attorno. Sono giorni complicati, che mettono alla prova tutti. Ma sono soprattutto i giorni in cui tutti – nessuno escluso – ci si deve sentire particolarmente chiamati alla responsa- bilità. Ad un senso di corresponsabilità. Qualcuno dice che noi italiani siamo poco inclini alle regole. Ed effettivamente non sono mancati i casi – anche in questi giorni – di esempi di scarsa attenzione agli altri. Che sono magari a pochi metri da noi. A pochi centimetri. Non possiamo permetterci di ragionare così. Non c’è spazio e non hanno senso, ora più che mai, le scelte private che non tengono conto degli altri. Soprattutto dei più fragili. Che non vanno messi da parte. Può sembrare paradossale, ma ora che le regole ci impongono di restare lontani è in realtà il momento in cui ci dobbiamo sentire uniti. Vicini. Il messaggio che deve diventare virale in questi giorni è “Io resto a casa”, da praticare il più possibile, per chi lo può fare. Cercando forme alternative per sentirsi vicini ai propri cari, agli amici. Noi, sempre più schiavi dello smartphone, forse proprio ora possiamo trovare il vero senso di quello strumento, che spesso è in realtà strumento di isolamento, quando tutti fisicamente vicini si china il capo sullo schermo e sul nostro profilo social, connessi al mondo e lontani da tutti. Ora no. Aiutiamoci a non sentirci soli. Anche se a distanza. Ma c’è un altro elemento che deve permeare le nostre giornate e che in questo tempo non dobbiamo negarci e non dobbiamo far mancare a chi amiamo: la speranza. Che passa attraverso un sorriso, un “andrà tutto bene”. E per chi crede attraverso una preghiera.
(*) direttore “La Fedeltà” (Fossano)

