L’incubo delle divisioni sul futuro del Paese

L’anno che volge al termine ci lascia un fardello di grosse dimensioni: oltre 65.000 persone decedute per coronavirus e quasi due milioni di contagiati; cinque milioni di nuovi poveri e un milione di nuovi disoccupati; migliaia di piccole e medie imprese sull’orlo della chiusura e un debito pubblico che, fra vecchi e nuovi debiti, supera i 2.500 miliardi di euro (il 170% del Pil).

(Foto: ANSA/SIR)

L’anno che volge al termine ci lascia un fardello di grosse dimensioni: oltre 65.000 persone decedute per coronavirus e quasi due milioni di contagiati; cinque milioni di nuovi poveri e un milione di nuovi disoccupati; migliaia di piccole e medie imprese sull’orlo della chiusura e un debito pubblico che, fra vecchi e nuovi debiti, supera i 2.500 miliardi di euro (il 170% del Pil). E, in aggiunta, due anni scolastici quasi compromessi, con tutte le conseguenze che ne deriveranno per la crescita culturale e psicologica dei nostri giovani. Una eredità pesante che ci porteremo nell’anno che verrà e che ci accompagnerà, purtroppo, per tanti altri anni ancora. “Come uscire da questa crisi plurale, sanitaria, economica e sociale” si è chiesto, nei giorni scorsi, il Presidente della Repubblica Mattarella, interpretando il pensiero di tutti gli italiani? La lotta ai danni del virus, afferma, “richiede a tutti serietà, sacrifici e unità per guardare al dopo e cominciare a costruirlo”. Mattarella, preoccupato per la situazione del Paese e per lo spirito di contesa che anima la classe politica, sembra tracciare, in poche battute, le condizioni e gli atteggiamenti necessari per intraprendere una vera e propria opera di ricostruzione. Egli avverte il peso non solo della situazione presente, ma principalmente delle condizioni difficili in cui ci si dovrà muovere domani. È consapevole che, quando l’emergenza avrà termine, ci troveremo in una situazione simile a quella post-bellica, quando l’Italia si presentava come un cumulo di macerie sotto l’aspetto materiale e sotto quello economico- sociale. Per questo appaiono oltremodo sconvenienti le divisioni che animano la classe politica, specialmente quelle sulle materie di stringente attualità: dai vaccini, alle misure anticontagio; dalla destinazione dei contributi europei, alle modalità di gestione degli stessi. Divisioni e contrapposizioni che non riguardano, com’è nel gioco democratico, soltanto i rapporti fra maggioranza e opposizione, ma che si manifestano anche all’interno degli stessi partiti di maggioranza. Se in un momento così delicato le critiche dei partiti di opposizione al governo appaiono inopportune, ancora più scandalosi risultano i tentativi delle forze di maggioranza di creare difficoltà al governo del quale esse stesse fanno parte. Col risultato che, una eventuale crisi di governo in questo momento, darebbe al Paese il famoso colpo di grazia. Mentre l’Italia vive uno dei drammi più gravi della sua storia, a nessuno è consentito fare ostruzione e intralciare il lavoro del governo, peraltro strutturalmente fragile, come è quello attuale. Sono atteggiamenti deprecabili che gettano più di un’apprensione sul futuro. Al punto che perfino lo scioglimento delle Camere e il ricorso alle elezioni anticipate, da più parti invocate, non appaiono, nelle condizioni attuali, risolutive, come molti sostengono. Da anni il sistema politico italiano è caratterizzato da una cronica precarietà, con governi deboli e litigiosi, interessati più a consolidare le posizioni di potere che a disegnare strategie per il futuro. L’esperienza di questa legislatura è sotto gli occhi di tutti: nel giro di tre anni si è passati da un governo con la partecipazione di partiti di destra (Cinque stelle-Lega) a uno con partiti di sinistra (Cinque stelle – PD). Le prospettive future non lasciano intravvedere soluzioni migliori. Con partiti in crisi di identità e con leggi elettorali, basate prevalentemente su sistemi proporzionali, il pericolo è che si accentui la frammentazione con la nascita di piccole formazioni in cerca di visibilità e di potere, capaci di mandare in crisi, in qualsiasi momento, anche il migliore dei governi. Ecco perché Mattarella non tralascia occasione per evocare lo spirito unitario e il senso di responsabilità e di solidarietà che, all’indomani della guerra mondiale, animarono tutte le forze politiche e grazie ai qualiil nostro Paese, nel giro di qualche anno, fu rimesso in piedi e conobbe un eccezionale e irripetibile boom economico che portò concreti benefici a tutte le categorie sociali. L’auspicio è che quel miracolo possa ripetersi.

(*) direttore “La Vita Diocesana” (Noto)

 

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